LIBERTÀ DI SCELTA PER L'IMPRENDITORE TRA CAPITALIZZAZIONE DELLE SPESE DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA O DEDUZIONE IMMEDIATA NEI LIMITI PREVISTI DALL'ART. 102, COMMA 6 D.P.R. 917/1986 – Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7532 del 26.03.20.

Sommario: 1. Il principio giurisprudenziale sancito dalla Corte di Cassazione; 2. Deducibilità delle spese ex art. 102, comma 6, TUIR; 3. Le regole di imputazione delle spese di manutenzione in bilancio secondo i Principi contabili; 4. La posizione dell'Amministrazione Finanziaria; 5. Rilevanza dei principi contabili nell'ordinamento fiscale; Il principio di derivazione rafforzata ex art. 83 TUIR. 6; Conclusione.

1. Il principio giurisprudenziale sancito dalla Corte di Cassazione.
Con la recentissima ordinanza n. 7532 del 26 marzo 2020, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema della deducibilità delle spese di manutenzione, riparazione, trasformazione ed ammodernamento ex art. 102, comma 6 del D.P.R. 917/1986, confermando un principio già sancito con altre precedenti pronunce (cfr. Corte di Cassazione n. 3170/2018, n. 18810/2017 e n. 7885/2016) secondo cui, l'art. 102, co. 6 del TUIR, consentirebbe all'imprenditore (a prescindere dalla natura delle spese) di esercitare l'opzione tra la capitalizzazione delle spese quale aumento del costo del bene ammortizzabile ovvero la loro deduzione immediata nei limiti quantitativi prefissati dalla medesima disposizione (ossia deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili e deduzione dell'eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi).
Nel caso in esame, in particolare, l'Amministrazione Finanziaria con l'impugnato avviso di accertamento, considerava indeducibili gli ammortamenti relativi ad alcuni costi di manutenzione (nella specie ristrutturazione di un immobile) perché ritenuti spese incrementative e comunque eccedenti il limite fissato dall'art. 102 TUIR.
La società impugnava l'atto impositivo, eccependo tra gli altri motivi, la deducibilità ai sensi dell'art. 102 TUIR, sia delle spese di manutenzione ordinaria, sia di quelle di manutenzione straordinaria, con il solo limite quantitativo previsto dalla norma. Sosteneva, in particolare, che la capitalizzazione dei costi pluriennali con ammortamento a cinque anni, anziché l'integrale deduzione degli stessi con il limite del 5% non comportava alcun danno per l'erario, ma piuttosto un aggravio per il contribuente che deduceva in cinque anni quanto avrebbe potuto dedurre in un solo esercizio.
La C.T.P. di Milano accoglieva, in parte, il ricorso della società, ritenendo che l’esame del dettaglio delle spese eseguite consentiva di individuare un complesso di opere di manutenzione che ricadevano nell’ambito applicativo dell’art.102 TUIR.
Avverso la decisione di primo grado interponevano appello, sia l’Agenzia delle Entrate, sia la società contribuente.
La C.T.R., accogliendo l'appello dell'Ufficio, riteneva che la sentenza del primo giudice fosse di difficile comprensione, in quanto non esplicitava gli elementi in base ai quali il recupero degli ammortamenti indeducibili sarebbe stato parzialmente infondato.
La società proponeva, quindi, ricorso dinanzi la Suprema Corte di Cassazione denunciando, tra gli altri motivi, la violazione dell’art.102, comma 2, TUIR, in relazione all’art. 108, comma 3, TUIR, che la società aveva ritenuto applicabile alla fattispecie in esame, contabilizzando separatamente i costi di manutenzione nelle “immobilizzazioni materiali” e procedendo ad ammortamento in quote costanti in cinque anni.
Inoltre, deduceva l’applicabilità al caso di specie dell’art. 102, comma 6, TUIR, vigente ratione temporis, secondo cui “le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili”.
Proprio tale ultimo motivo di doglianza veniva accolto dalla Suprema Corte di Cassazione, con sentenza di rinvio, sulla base del principio già affermato dalle precedenti pronunce secondo cui “in tema di determinazione del reddito d’impresa, le spese sostenute per la manutenzione, riparazione, trasformazione ed ammodernamento di beni strumentali, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo degli stessi, ex art. 102, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, non assumendo rilevanza, a tal fine, il carattere eccezionale di dette spese”.
La decisione dei giudici legittimità, nella fattispecie, riteneva errata l'interpretazione adottata dall'Agenzia delle Entrate secondo cui le spese di manutenzione, in quanto straordinarie e come tali di natura incrementativa del valore dei beni immobili interessati, dovevano obbligatoriamente essere capitalizzate, quindi imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili e dedotti con il meccanismo previsto dall'art. 102, comma 2 D.P.R. 917/1986 e dal D.M. 31 dicembre 1988.
Secondo la Corte di Cassazione, inoltre, la C.T.R., ritenendo interamente indetraibili le spese in esame sul presupposto che la sentenza di primo grado non avesse esplicitato i motivi di infondatezza dell'accertamento in questione, non aveva fatto corretta applicazione della normativa riferibile al caso di specie, in quanto aveva omesso ogni valutazione sulla correttezza del criterio adottato dalla società e sul rispetto dei limiti quantitativi previsti dall’art. 102, comma 6, TUIR.

2. Deducibilità delle spese ex art. 102, comma 6, TUIR.
La sentenza in commento, quindi, si basa sulla fedele lettura dell’art. 102, comma 6 TUIR, il quale espressamente dispone che: “Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili....L'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi”.
Dalla lettura della norma, infatti, si evidenzia l'intenzione del legislatore fiscale:
- di superare la distinzione tra spese di manutenzione ordinaria e straordinaria ai fini della deducibilità di tali costi nei limiti prescritti dalla norma;
- di concedere al contribuente la libertà di decidere come imputare i costi a bilancio.

Infatti, la norma in questione, nel prevedere un limitazione quantitativa alla deducibilità delle spese, non distingue tra spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, rinviando tale distinzione alle scelte operate dagli amministratori in sede di redazione del bilancio.
L'unica esclusione prevista dall'art. 102, comma 6, infatti, riguarda i costi che siano stati imputati, in bilancio, ad incremento del costo dei cespiti ai quali si riferiscono, i quali non possono essere dedotti ai sensi della medesima disposizione (ma dovranno essere dedotti sulla base del piano di ammortamento previsto per i cespiti ai quali si riferiscono ex art. 102, comma 2 TUIR).
In tal modo, quindi, il legislatore fiscale consentirebbe al contribuente, così come confermato dall'orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, di esercitare l'opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati dall'art. 102, comma 6 TUIR, a prescindere dalla natura della spesa (conservativa o incrementativa).

3. Le regole di imputazione delle spese di manutenzione in bilancio secondo i Principi contabili.
Ora, se il legislatore fiscale, ai fini della deducibilità, non pone alcuna distinzione in merito alla natura delle spese, rinviando alla scelta operata dagli amministratori in seno al bilancio, dal punto di vista civilistico, invece, il principio contabile OIC 16 elaborato dall'Organismo italiano di contabilità e dedicato alle immobilizzazioni materiali (in particolare cfr. par. 49 del principio emanato nel dicembre 2016), ai fini della redazione del bilancio, distingue tra spese di manutenzione ordinaria e spese di manutenzione straordinaria, prevedendo che:
-Le spese di manutenzione ordinaria, sono costi rilevati a conto economico nell'esercizio in cui sono sostenuti;
-Le spese di manutenzione straordinaria sono costi capitalizzabili nei limiti del valore recuperabile del bene.

Prima della modifica, inoltre, il principio OIC 16 al par. 45 forniva una definizione delle predette spese distinguendo tra:
- spese ordinarie, ossia quelle necessarie per mantenere i cespiti in buono stato di funzionamento (tra cui le spese di manutenzione e riparazione di natura ricorrente ad esempio pulizia, verniciatura, riparazione, sostituzione di parti deteriorate dall’uso);
- spese straordinarie ossia quelle che producono un aumento significativo e tangibile o di produttività o sicurezza del cespite, ovvero un prolungamento della vita utile dello stesso (tra cui vengono le spese sostenute per ampliamenti, modifiche, sostituzioni e altri miglioramenti riferibili al bene).
Posto quanto sopra, facendo corretta applicazione dei principi contabili, i costi di natura conservativa (spese ordinarie) esaurendo la loro utilità nell'esercizio di sostenimento, non possono essere capitalizzati e costituiscono elementi negativi di reddito dell'esercizio in cui sono stati sostenuti, in base al principio di competenza (quindi, dal punto di vista fiscale, è pacifica la deducibilità ex art. 1 02, comma 6 del TUIR).
Mentre, i costi di natura incrementativa (spese straordinarie), in quanto costi ad utilità pluriennale, sono costi capitalizzabili, concorrono ad incrementare il costo fiscalmente deducibile riconosciuto del bene cui si riferiscono e sono soggette ad ammortamento (quindi, dal punto di vista fiscale, sarebbero escluse dalla deducibilità ex art. 102, comma 6 TUIR).

4. La posizione dell'Amministrazione Finanziaria.
I principi contabili contenuti nell'OIC 16 (i quali distinguono la natura della spesa sostenuta) sono stati condivisi anche dalla prassi dell'A.F. (Circolare n. 98/E/2000 par. 1.1.3 e 1.1.4 e circolare n. 10/E/2005 par. 4.3. e n. 27/E/2005 3.2.1.) ove è stato chiaramente affermato che le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, sono capitalizzabili ad incremento del valore dei relativi beni solo nel caso in cui si riferiscano a migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti dei cespiti esistenti e sempre che si concretizzino in un incremento significativo e misurabile di produttività, ovvero prolunghino la vita utile del bene (cosiddette spese di manutenzione straordinaria). In tal caso gli ammortamenti vanno computati sull'intero valore incrementato del bene.
Diversamente, qualora dette spese siano sostenute per mantenere in efficienza le immobilizzazioni materiali, onde garantire la loro vita utile prevista e la loro capacità produttiva originaria, esse rappresentano costi di periodo da imputare integralmente al conto economico dell'esercizio di competenza (cosiddette spese di manutenzione ordinaria).
In tal caso trova applicazione la norma contenuta nel comma 6 dell'art. 102, secondo la quale le spese in questione sono deducibili nei limiti del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili, mentre l'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi.

5. Rilevanza dei principi contabili nell'ordinamento fiscale. Il principio di derivazione rafforzata ex art. 83 TUIR.
Posto che secondo i principi contabili, anche condivisi dall'A.F., le spese di manutenzione straordinaria devono essere capitalizzate, analizziamo ora la rilevanza giuridica di tali principi contabili nell'ambito dell'ordinamento fiscale.
Il D.Lgs. n. 139/2015, in recepimento della Direttiva comunitaria 2013/34/UE, infatti, è intervenuto in merito alla disciplina civilistica di redazione del bilancio di esercizio per le società di capitali che non adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS.
Il D.L. n. 244/2016 convertito nella Legge n. 19/2017, ha introdotto all’art. 13-bis il principio di derivazione rafforzata, il quale consiste nel recepire anche ai fini fiscali la rappresentazione del bilancio secondo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma.
A partire dal 1° gennaio 2016, infatti, tale principio, prima riferibile solo ai soggettivi IAS adopter, si è reso applicabile anche nei confronti delle imprese che redigono il bilancio in base ai principi contabili nazionali (OIC), secondo le vigenti disposizioni del Codice civile.
In virtù di ciò, l’art. 83, comma 1, del TUIR come modificato, stabilisce che, pure per i soggetti che adottato i principi contabili nazionali (ad esclusione delle micro imprese) si estende la validità ai fini fiscali, anche in deroga alle disposizioni contenute nel TUIR, dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti per la redazione del bilancio secondo i principi contabili.
Tali criteri sono così intesi:
- Il criterio di qualificazione fa riferimento all’esatta individuazione delle operazioni poste in essere e degli effetti da queste scaturenti sotto il duplice profilo economico, patrimoniale, giuridico e contrattuale. Tale criterio è volto a sostituire il tradizionale approccio giuridico formale con l’approccio sostanziale legato all’aspetto economico e al sistema dei rischi/benefici delle operazioni aziendali;
- Il criterio di classificazione consente la corretta rappresentazione in bilancio dei relativi elementi reddituali e/o patrimoniali;
- l criterio di imputazione temporale fa riferimento all'individuazione periodo di imposta al quale attribuire la rilevanza fiscale dei componenti reddituali. È strettamente legato al concetto competenza economica.
Tuttavia, ai fini che qui interessano, si evidenzia che sono escluse al principio di derivazione rafforzata, in quanto estranee alla nozione di qualificazione, imputazione temporale e classificazione, ai sensi dell'’articolo 2, comma 2, D.M. 48/2009 (applicabile ai soggetti OIC sulla base del rimando contenuto nel D.M. 3 agosto 2017), le disposizioni del TUIR “che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione o ne dispongono la ripartizione in più periodi di imposta...”,
Per effetto di tale norma, dunque, l'art. 102 TUIR in materia di ammortamento dei beni materiali, non è norma derogabile dai criteri contabili adottati in sede di redazione del bilancio. Restano fermi, quindi, i limiti quantitativi previsti dalla suddetta disposizione.

6. Conclusione.
Ai sensi dell'art. 102, comma 6, del TUIR, quindi, ai fini fiscali, è comunque consentito all'imprenditore di esercitare l'opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative, quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati.
Invero, ciò che rileverebbe, a tal fine, non è la natura della spesa ma la scelta operata dall'amministratore in sede di redazione del bilancio (sempre nel rispetto del principio di competenza).
Ebbene, come già detto, applicando correttamente i principi contabili (OIC 16), le spese straordinarie, in quanto incrementative del valore del bene, rientrano tra quelle capitalizzabili ovvero iscrivibili in bilancio in aumento del costo del bene al quale si riferiscono. Pertanto, deducibili sulla base del meccanismo dell'ammortamento ex art. 102, comma 2.
Ciò vale a dire che, da un punto di vista civilistico, una volta appurata la natura delle spese (ordinaria o straordinaria) non vi sarebbe alcuna discrezionalità per il redattore del bilancio, il quale è tenuto a rispettare i vincoli imposti dai principi contabili.
La discrezionalità, tuttalpiù, sarebbe ravvisabile nella scelta operata a priori dagli amministratori, i quali potrebbero scegliere di classificare dette spese nell'una o nell'altra categoria.
Infatti, poiché la norma fiscale rinvia alla scelta operata in bilancio (c.d. pregiudiziale civilistica), l'Amministrazione Finanziaria non potrebbe sindacare le scelte operate dal redattore del bilancio (in merito alla classificazione delle spese ordinarie o straordinarie), ma dovrebbe limitarsi a verificare la corretta applicazione delle norme e dei limiti di deducibilità previsti dalla normativa fiscale.
In altri termini, ed è questo il principio statuito dalla Corte di Cassazione, ai fini dell'applicabilità delle norme in tema di deducibilità, non rileva di per sé la natura della spesa sostenuta (ordinaria o straordinaria), bensì il criterio adottato nella redazione del bilancio nonché il rispetto dei limiti previsti dall'art. 102, comma 6.
Ergo, se in sede di bilancio tali spese non sono state imputate ad incremento del costo del bene, dette spese sono pur sempre deducibili (interamente) se rientrano nel plafond del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili. E per le eccedenze, in quote costanti nei cinque anni successivi.
Lecce, 08 luglio 2020
Avv. Leonardo Leo